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Prime brevi cenni sulla Convenzione LLMC 1976.

Nel nostro ordinamento la limitazione della responsabilità dell’armatore che batte bandiera italiana viene disciplinata dall’articolo 275 del codice della navigazione, in base al quale l’armatore può limitare il debito complessivo delle obbligazioni contratte in occasione e per i bisogni di un viaggio[1], e per le obbligazioni sorte da fatti o atti compiuti durante lo stesso viaggio, ad una somma pari al valore della nave e all’ammontare del nolo e di ogni altro provento da tutto il viaggio stesso. Sono escluse dalla limitazione le obbligazioni derivanti da proprio dolo o colpa grave[2].

In sede internazionale, il principio della limitazione del debito dell’armatore è stato recepito in alcune importanti convenzioni, la prima delle quali è stata la Convenzione sulla limitazione della responsabilità dei proprietari di navi di Bruxelles del 25 agosto 1924, seguita da una successiva convenzione, avente lo stesso oggetto e adottata sempre a Bruxelles il 10 ottobre 1957[3].

L’attuale fonte normativa internazionale è per l’appunto la Convenzione di Londra del 17 novembre 1976 sulla limitazione di responsabilità per crediti marittimi, emendata venti anni dopo con il protocollo di Londra del 2 maggio 1996. Ad oggi l’Italia continua a non avere ratificato alcuna convenzione internazionale, rimanendo così ancorata al proprio sistema di limitazione del debito dell’armatore previsto dal codice della navigazione.

Ciò perdura, nonostante la promulgazione della legge di esecuzione (L. 23 dicembre 2009, n. 201), in quanto il nostro paese non ha mai depositato lo strumento di adesione[4].

Inoltre nella LLMC nel suo contenuto originario non prevedeva l’obbligo di una copertura assicurativa. A colmare suddetta lacuna è intervenuto il legislatore europeo, che con direttiva 2009/20 CE del Parlamento europeo e del consiglio del 23 aprile 2009 sull’assicurazione degli armatori per i crediti marittimi, ha introdotto che per le responsabilità limitate armatoriali previste dalla convenzione di Londra sui crediti marittimi (come modificata dal protocollo del 1996) vi debba essere un obbligo di assicurazione da parte dell’armatore e degli altri soggetti che possono usufruire della limitazione di responsabilità. Con decreto legislativo numero 111 del 2012, l’Italia recepiva finalmente la direttiva europea imponendo così l’obbligo di una copertura assicurativa per le navi sia italiane sia estere rientranti nel campo di applicazione del menzionato decreto.

Più in generale le norme della convenzione LLMC sono applicabili in base all’art. 7 del codice della navigazione alle navi aventi nazionalità di Stati che hanno ratificato la Convenzione e ne hanno introdotto le norme nel diritto interno[5].

Non a caso in una recente decisione è stato ritenuto irrilevante, in un giudizio promosso in Italia, che l’amatore della nave, convenuto in giudizio in Belgio da alcuni caricatori, avesse costituito un fondo di limitazione belga, come previsto da tale Convenzione, proprio per la sua inapplicabilità (cfr. Trib. Napoli, 27 gennaio 2015, ivi, 2016, 4, 736 con nota di Bicchierai).

In dottrina e giurisprudenza si è a lungo discusso sulla natura giuridica della limitazione ovvero se integri una limitazione del debito o della responsabilità, considerandola all’esito un contenimento del debito in virtù del primario effetto di circoscrizione dell’esposizione debitoria interagendo sul quantum piuttosto che sull’an.

Fra i più importanti mutamenti introdotti alla disciplina dell’istituto della limitazione v’è stata la ripartizione dell’onere probatorio, aspetto questo che era sfuggito alle pregresse convenzioni.

Invero in caso di danneggiamento non è l’armatore a dover dare la prova della diligenza della propria condotta per potere beneficiare di tale limite, ma è il soggetto danneggiato a dover dimostrare la condotta dolosa o di gravissima negligenza cfr. High Court of Justice – Queen’s Bench Division (Admiralty Court) 28 novembre 2002, ivi, 2004, 1091, con nota di A. Totaro, La decadenza dal beneficio del limite secondo la Convezione LLMC del 1976.

Orbene l’onere probatorio cui è chiamato a soddisfare la parte danneggiata è piuttosto complesso soprattutto alla luce della definizione delle condotte rimproverabili all’armatore, vale a dire dolo o una negligenza tale da lasciare presumere la consapevolezza e la prevedibilità del danneggiante circa le conseguenze dannose derivanti dal proprio operato[6].

 

[1] M. GRIGOLI, La limitazione del debito dell’armatore, Padova, 1963; M. FOSCHINI, La limitazione del debito armato­ riale e sua attuazione, Milano, 1974.

[2] Cfr. F. Berlingieri, Responsabilità dell’armatore e sua limitazione nella navigazione interna, ivi, 1990, 261.

[3] Tribunale di Sassari 22 aprile 2004, con nota di G. SPERA, La limitazione della responsabilità armatoriale: aspetti processuali e sostanziali, in dir. Trasporti, 2006, 562.

[4] A. Dani, La Convenzione di Londra sulla limitazione della responsabilità per crediti marittimi, in dir. Trasp., 1977, 97

[5] cfr. Hoge Raad Olanda, 28 febbraio 1992 ivi, 1993, 528, Note sull’ambito di applicazione della Convenzione di Londra del 1976 sulla limitazione della responsabilità per crediti marittimi di F. BERLINGIERI.

[6] Cfr. art. 4 Convezione LLMC 1976: A person liable shall not be entitled to limit his liability if it is proved that the loss resulted from his personal act or omission, committed with the intent to cause such loss, or recklessly and with knowledge that such loss would probably result.